Passate la crisi e la bufera politica, investire in Brasile si rivela uno scrigno pieno di opportunità

Mag 16, 2018

In un articolo su Milano Finanza, Dott. Graziano Messana parla delle nuove prospettive politiche e di ciò che le influenza nello sviluppo e nella crescita brasiliana. Vengono presentati alcuni esempi di aziende italiane che hanno continuato a investire in Brasile con una prospettiva a medio e lungo termine, come Enel, gruppo Gavio e gruppo Azimut.

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Durante questo black-out politico ed economico, il Paese è stato governato di fatto dal ministro delle Finanze e dal presidente del Banco Centrale. Oggi la situazione politica è in via di
definizione in vista delle elezioni di ottobre ma non preoccupa, qualunque sia l’esito. La Mani Pulite brasiliana (operazione Lava Jato) ha riaffermato, pur in modo traumatico, le regole
nel mondo degli affari e quei criteri di trasparenza e compliance che si erano perduti nel tempo per l’alto livello di corruzione e l’impunità.

Lo scenario oggi è di nuovo favorevole e anche molto diverso rispetto al 2010. I trend di sviluppo e crescita fanno del Brasile, date le sue dimensioni, una macro regione di incredibili potenzialità per le imprese italiane che guardano all’estero per crescere. Il 2017 si è chiuso con un pil in aumento dell’1% e si attende una crescita ulteriore tra il 2,5 e il 3% per i prossimi due anni. Al di là dei dati sul pil, le sfide che attendono il Paese sono incentrate su grandi interventi da realizzare a supporto di crescita e sviluppo. Il presidente Temer, subentrato a Dilma Rousseff a metà 2016, è riuscito ad approvare la riforma del diritto del lavoro, lasciando da fare un’impegnativa e cruciale ristrutturazione previdenziale. Senza quest’ultima non sarà possibile sanare i conti pubblici. Su questo ci sono ampi consensi ma oggi la cosa è di difficile attuazione. Il tempo di vita di un brasiliano è passato, negli ultimi 20 anni, da 67 anni (1994) a 75 anni (2015), ed è una buona notizia. Tuttavia nei prossimi 10-15 anni ciò porterà ulteriori implicazioni per il mercato del lavoro, la previdenza e il sistema sanitario.

Il Brasile è un paese ciclico dove non è di solito consigliabile investire in modo opportunistico. Spesso sono costretto a dare docce fredde a potenziali investitori: caldeggio l’orizzonte di medio periodo in cui è molto più alta la possibilità di raccogliere buoni frutti. Nel 2010 la Cina comprava commodity surriscaldando l’economia; oggi è il primo investitore in Brasile su un tessuto industriale la cui produttività ristagna da decenni. Chi investe oggi, complice il cambio molto favorevole, investe bene e ha chance di essere competitivo in un mercato inefficiente
che consuma moltissimo. In tutti quei settori in cui lo Stato è lento, il privato trova spazio. Non sono solo le aziende asiatiche a investire in Brasile, ma molte opportunità le colgono anche le aziende americane ed europee. Sono stati varati grossi piani a sostegno dell’industria 4.0, e l’Internet of Things (IoT) traina la salute, la gestione ospedaliera, la mobilità urbana, l’agrobusiness e l’automazione industriale. Nel Fintech sta avvenendo una vera rivoluzione. A fine aprile è cambiata la normativa introducendo i prestiti peer to peer consentendo alle imprese Fintech di concedere credito senza passare per le banche. Se aggiungiamo che il tasso ufficiale di interesse è passato, in meno di due anni, dal 14% all’attuale minimo storico del 6,5% (i tassi reali sono più alti) e osserviamo che in Brasile ci sono più di 40 milioni di persone con accesso limitato o nullo al sistema bancario, è facile comprendere perché il mercato ha un enorme potenziale di crescita e un valore stimato intorno ai 24 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Anche nelle energie rinnovabili è impressionante la crescita che si sta generando in un Paese che ha già la matrice energetica più rinnovabile del mondo industrializzato.

Sono diversi gli esempi di imprese italiane che hanno continuato a investire in Brasile con ottica di medio-lungo termine. Tra gli investimenti più significativi vale la pena citare quelli del gruppo Gavio, iniziati nel 2016 con 2,25 miliardi di reais, investendo nel 2017 circa 770 milioni di reais e nei primi mesi del 2018 altri 3,5 miliardi (una parte dilazionata), tutti in concessioni autostradali. Oggi è il secondo player del Brasile per numero di concessioni. Enel ha già investito in Brasile comprando la Celg (Goias) e la centrale idroelettrica, o meglio la concessione trentennale sita sul Rio Grande (Minas e Sp) investendo 9 miliardi di reais solo nel 2017 e 5 miliardi di reais nel 2016. Nel 2018 è in corsa per l’acquisizione di Eletropaulo valutata 7 Mld di reais e unitamente a Enel Green Power, che in Brasile possiede già eolico, fotovoltaico e idroelettrico, ha un piano di investimenti 2018-2021 di svariati miliardi di euro.
Anche il gruppo Azimut (finanza) ha messo a segno varie acquisizioni che hanno portato l’operazione brasiliana a un totale di attivi amministrati superiore a 15 miliardi di reais (oggi rappresenta per il Gruppo il secondo mercato estero).

Concludendo, il Brasile ha grandi sfide avanti a sé ma indubbie opportunità tanto per le grandi quanto per le piccole e medie imprese italiane.

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